Il collegio regionale di garanzia elettorale della Corte d’Appello di Bologna contesta al deputato Aboubakar Soumahoro nove violazioni della legge sulle urne. Tra cui la nomina tardiva del mandatario elettorale e l’opacità dei suoi finanziatori. Nel documento del collegio composto da sette giudici e firmato dalla presidente Maria Cristina Salvadori si legge che l’interlocuzione con l’eletto va avanti dal 31 marzo scorso. E nella lista dei movimenti, scrive oggi La Verità, ci sono prelievi in contanti non giustificati e operazioni estranee al finanziamento della campagna. Tanto da rendere così possibile la decadenza dalla Camera dei Deputati, sulla quale dovrà decidere la Giunta di Montecitorio.
Il mandatario
La prima contestazione riguarda la violazione della legge del 1993 sul mandatario. Ovvero la persona incaricata di tenere i conti della campagna elettorale. La sua nomina deve avvenire il giorno successivo all’indizione delle elezioni politiche. E quella di Stefano Manicardi, consigliere comunale del Partito Democratico a Modena, «non risulta tempestiva e rituale. Il modulo è stato depositato nel mese di gennaio 2023». Ovvero quattro mesi dopo la proclamazione dell’elezione. Inoltre è «privo di data, sottoscritto con firma non autenticata». L’ok è arrivato il 26 gennaio, ben oltre il termine. Anche la dichiarazione e il rendiconto sono arrivati alla Corte in ritardo: il 24 gennaio 2023. E sono stati successivamente integrati il 3 febbraio. Ovvero, obiettano i giudici, «oltre il termine di tre mesi dalla proclamazione avvenuta il 10 ottobre 2022». In più «non sono stati indicati gli erogatori dei contributi».
I soldi
L’accusa principale però riguarda i soldi. Il primo problema, secondo i giudici, è che «non risulta aperto alcun conto bancario o postale destinato alla raccolta fondi». Il candidato ha infatti utilizzato una carta Postepay intestata al consigliere. Che però ancora doveva diventare ufficialmente il mandatario di Soumahoro. A marzo mancava anche l’estratto conto dei movimenti. O meglio: è stata trasmessa «soltanto una lista di movimenti della carta con indicazioni di una serie di operazioni». L’ultima è stata effettuata il 10 gennaio 2023: un accredito di 800 euro. Il deputato ha chiuso il conto soltanto il 31 gennaio. Nel frattempo sono arrivati altri accrediti. E secondo i giudici ci sono prelievi in contanti per 850 euro non giustificati. Mentre nella lista erano presenti anche operazioni estranee al finanziamento della campagna elettorale.
Gli importi
E ancora: «Gli importi indicati nel rendiconto, pari a 20.991, 33 euro non trovano riscontro nei movimenti» della carta. Gli accrediti sono pari a 16.298,21 euro e le uscite sono simili. Ma invece dal giornale contabile emerge una movimentazione «per un complessivo importo di 55.092,72 euro». Non solo: «Sul giornale contabile vengono registrate operazioni effettuate in data anteriore all’attivazione della Postepay e precisamente a partire dal 22 agosto 2022». Infatti la carta «non risulta l’unico mezzo di raccolta fondi». Soumahoro ha infatti anche ricevuto soldi dal partito dei Verdi e da Articolo 1, per un totale di duemila euro. Mentre altri 250 sono arrivati dal suo sito internet. Tra gli importi c’è una serie di accrediti per un importo complessivo di 6.981,23 euro che arrivano dalla società Stripe Technology Europe Ltd Spa, con sede in California.
La Stripe Technology Europe
Si tratta di una piattaforma di elaborazione di pagamenti che fornisce il necessario per creare siti internet e app allo scopo di accettare pagamenti ed inviare bonifici in tutto il mondo. Qui i magistrati parlano di una possibile violazione della legge sul finanziamento dei partiti e delle norme che risalgono al 1981. E che prevedono per i finanziamenti dall’estero una specifica dichiarazione alla Camera di appartenenza da parte del soggetto che li percepisce. La legge prevede una multa e la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Per questo Soumahoro rischia la decadenza.
Le repliche di Soumahoro
Il 27 luglio 2023 Soumahoro ha risposto alle accuse in una memoria alla Corte. Per quanto riguarda il mandatario, ammette il «lieve» ritardo ma la firma «copre l’intero periodo elettorale». Il deputato ha poi usato la Postepay invece del conto corrente «in buona fede, visto che è ritenuta equivalente al conto corrente». E i movimenti si possono tracciare nello stesso modo. Soumahoro parla di irregolarità formali mentre, dice, i movimenti li ha regolarmente contabilizzati. I finanziamenti dai partiti li ha acquisiti con un metodo «alternativo» ma non «illecito». Mentre la piattaforma Stripe avrebbe ricevuto finanziamenti solo dall’Italia, quindi non vi era obbligo di comunicazione.
Le controrepliche dei giudici
A quel punto i giudici nell’ordinanza del 29 settembre osservano che «gli argomenti del candidato non inficiano nel merito la fondatezza di tutte le contestazioni». Fanno notare che il deputato ha depositato tardivamente la difesa. L’irregolarità sul mandatario non è formale ma sostanziale visto che deve controllare le spese durante la campagna. E quindi: «Aboubakar non solo ha violato la norma che impone l’apertura del conto quale unico strumento specificamente individuato dal legislatore idoneo a garantire la trasparenza delle fonti di finanziamento». Ma ha anche «raccolto fondi utilizzando una pluralità di strumenti (peraltro neppure correttamente e compiutamente segnalati dal candidato, ma risultati in esito alle contestazioni)». Mentre alcune operazioni passate dalla Postepay sono «in parte anteriori e in parte successive alla campagna elettorale». E il rendiconto non è ancora pervenuto.
40 mila euro di multa
Il collegio ha inflitto al deputato una multa di 40 mila euro. E il Corege ha ritenuto opportuno trasmettere gli atti alla Camera «per quanto di sua competenza». Visto che «la scarsa trasparenza della documentazione prodotta non consente di definire con certezza l’entità delle spese sostenute dal candidato e di accertare l’eventuale superamento dei limiti massimi di spesa». Cosa che comporterebbe la decadenza automatica del parlamentare.
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